Baule da viaggio porta abiti appartenuto al valoroso uomo patriota Giuseppe Bianchedi nato a Faenza e morto a Treia nel 1945
Baule da viaggio porta abiti appartenuto al valoroso uomo patriota Giuseppe Bianchedi nato a Faenza e morto a Treia nel 1945
- € 580.00
- Disponibile
DESCRIZIONE ESTESA
Baule da viaggio con porta abiti interno dotato di scomparti e di grucce per appendere gli abiti. Rivestito esternamente in tessuto con rifnorzi e manico in cuoio, mentre all'interno troviamo una stoffa a scacchettini bianca rossa e blu.
Questa autentica valigia da viaggiatore è appartenuto ad una persona illustre vissuto nella nostra città di Treia di cui vi riportiamo la storia :
GIUSEPPE BIANCHEDI era nato a Faenza il 27 Maggio 1907 da famiglia di modeste condizioni economiche; il padre Antonio e la madre Missiroli Maria avevano un piccolo commercio di frutta e verdura. Nel 1926 si diplomò Tecnico Ceramista in una scuola specializzata di Faenza e poi si trasferì quasi subito a Treia dove la Fornace di Laterizi Bartoloni stava in quel periodo allargando la propria attività anche al settore della ceramica ed aveva bisogno di tecnici specializzati in quel settore. Bianchedi era persona educata, affabile e mite, non si occupava di politica, era gentile e cortese con tutti, aveva sempre il sorriso sulla bocca (insomma….un gigante buono dato che era alto quasi un metro e novanta ed in quell’epoca l’altezza media di un uomo raggiungeva raramente un metro e settanta); a Treia si integrò immediatamente; venne accolto e stimato da tutti per le sue capacità professionali, per le sue doti atletiche e sportive (giocava anche al calcio con la squadra di Treia) ma soprattutto per le sue grandi qualità umane. Restò a Treia fino a Dicembre 1932 e poi ritornò a Faenza, lavorò a Solarolo (Ravenna) fino ad Aprile 1935 quando venne chiamato militare nella Compagnia Specialisti del Genio che,a Settembre, lo portò in Africa Orientale a combattere nella guerra d’Etiopia (uscì indenne dalla terribile battaglia di Tembien). A Settembre del 1936, a guerra finita, venne assorbito ed assunto da una grande impresa, militarizzata dallo Stato Italiano, che si occupava di costruzioni di grandi opere stradali, idrauliche e civili, soprattutto nelle Colonie. Restò così in Africa Orientale e lavorò ad Asmara ed Adiss Abeba fino a Marzo del 1940. Tornò a Faenza e poi a Treia dove, il 27 Aprile 1940 sposò Elena Farabollini, insegnante elementare, conosciuta nel periodo di lavoro alla Fornace Bartoloni (…. infatti,attigua alla Fornace,in quella che una volta si chiamava contrada Rudiele, c’era una scuola rurale e lì insegnava una giovane maestrina). Il lavoro con la grande Impresa lo portò ancora lontano, prima in Venezia Giulia (Tolmezzo) poi in Dalmazia (Spalato), in Germania, a Roma ed ancora in Dalmazia (Sebenico e Pola). Arrivò così l’8 Settembre 1943 e con esso iniziò un periodo che sarà il più tragico della nostra storia! Il lavoro si fermò ed il caos politico,amministrativo ed economico fu totale ed indescrivibile; così Bianchedi, pur restando nell’Impresa, prese un congedo temporaneo e ritornò a Treia per stare vicino alla moglie ed alla sua nuova famiglia.
Nel Dicembre del 1943 le Autorità Provinciali, trovandosi in difficoltà per la sostituzione del Commissario Prefettizio del Comune di Treia (nessuno voleva od aveva il coraggio di assumersi questa responsabilità) lo chiamarono (e più che altro…lo convinsero) a reggere le sorti comunali proprio nel più difficile momento politico e militare del periodo bellico nella nostra zona, con gli Alleati che avanzavano inesorabilmente da Sud ed i Tedeschi in gravi difficoltà che iniziavano a ritirarsi verso Nord.
Bianchedi assunse, suo malgrado, la carica di Commissario Prefettizio del Comune di Treia il 12 Gennaio 1944 e durante la sua breve missione amministrò con saggezza ed equilibrio; si prodigò come meglio potè affinchè Treia venisse risparmiata dagli orrori degli atti di rappresaglia e di violenza da parte dei Tedeschi in ritirata; evitò lutti a molte famiglie i cui figli, renitenti alla leva militare obbligatoria, rischiavano la pena capitale. E nel suo agire onesto, equilibrato e saggio ebbe la stima ed il consenso di tutti i Cittadini di ogni tendenza politica. Ma ciò non valse a salvarlo dalla follia e dalla violenza che in quel tempo aveva stregato gli uomini.
La sera del 23 Settembre 1944 venne a Treia un manipolo di giovanissimi uomini armati che si definivano “partigiani”; cercavano i Fascisti (ma non ne trovarono perché quelli più in vista erano tutti scappati o nascosti), dovevano dare un esempio, volevano comunque compiere un atto eclatante e così ripiegarono sull’incolpevole e mite Commissario Prefettizio, sicuramente indirizzati ed istigati da qualcuno del luogo che così magari riuscì a soddisfare a proprie esigenze di rivalsa e/o vendetta di carattere personale, avulse dalle sbandierate motivazioni politiche come spesso avvenne in quel terribile periodo della nostra storia.
Così arrivarono in via Roma, bussarono alla porta che la moglie di Bianchedi aprì ma che non fece in tempo a richiudere quando, in una frazione di secondo, capì quello che stava per succedere; con la forza della disperazione, tentò di resistere e grido al marito di scappare e mettersi in salvo. Sarebbe stato estremamente facile per un uomo come Bianchedi saltare i due metri scarsi della finestra sul retro e scappare giù per il vicolo Cafaggio….. non l’avrebbero ripreso mai più!!!! Invece NO!!! Lui era una persona pulita ed onesta, non aveva sensi di colpa, si sentiva sereno e sicuro perché sapeva di avere agito sempre nel giusto e di aver operato solo per il bene della Comunità! E così non scappò ma andò incontro a quella gente, ai quei ragazzi ormai esaltati ed istigati da altri ed il cui germe della violenza, sorretto dalla certezza dell’immunità, aveva fatto inesorabilmente presa risvegliando istinti disumani che nulla avevano più a che vedere con gli ideali di coloro che credevano veramente nella lotta di “liberazione”; gli andò incontro per parlare con loro, gli andò incontro serenamente con quel sorriso di uomo mite che sempre lo aveva accompagnato nella sua vita………e quello fu il suo ultimo sorriso!!!
E così se ne andò Giuseppe Bianchedi lasciando un grande vuoto in tutti coloro che lo conoscevano e lo stimavano; se ne andò lasciando una moglie disperata che si chiuse e si isolò nel suo dolore per molti anni e due anziane ed ormai sole persone di Faenza che, sopraffatte dalla perdita del loro unico figlio,in pochi anni lo seguirono; se ne andò senza lasciare figli che, portando il suo nome, ricordassero indirettamente agli altri il sacrificio di un uomo buono…. e così, lentamente, il suo ricordo sbiadì fino ad essere completamente dimenticato, anche da coloro (e furono tanti) che avrebbero dovuto conservarne una memoria riconoscente.
Il 5 Aprile 1945, quando la follia della guerra civile era al suo culmine e travolgeva ogni certezza umana, sociale, istituzionale e giuridica, alla Corte di Assise di Macerata ci fu un processo ed i Giudici,” assistiti” da uomini armati con un fazzoletto tricolore al collo, assolsero tutti gli imputati dell’omicidio di Giuseppe Bianchedi “perché il colpo mortale partì per errore e non vi era comprovata volontà di uccidere”; e quel giorno, alla fine dell’udienza, fu solo il coraggio di un Maresciallo dei Carabinieri a salvare la vita alla moglie di Bianchedi ed a sottrarla alla ferocia vendicativa di alcuni uomini armati che la attendevano all’uscita del Tribunale.
Così andavano le cose in quel periodo, un periodo che durò ancora per molti anni, un periodo di cui tanti approfittarono per concludere impuniti le loro vendette personali, un periodo che è sicuramente il più orrendo e buio della nostra storia, un periodo che deve essere ricordato e tramandato alle nuove generazioni come esempio negativo da non ripetere mai più.
Italia 1945
Dimensioni cm 78 x 52 x h 24
CATEGORIA valigia
STILE vintage antico
DIMENSIONI:
ALTEZZA cm 24
LARGHEZZA cm 78
PROFONDITA cm 52
DIAMETRO cm
COLORE:
MATERIALE:
CONDIZIONI:
Molto buono l'oggetto vintage non ha difetti ma può mostrare lievi tracce di usura